Acalasia esofagea: come può essere diagnosticata e risolta?

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Acalasia esofagea, come può essere diagnosticata e risolta - Il Blog del Prof. Paolo Barillari

La acalasia esofagea è un disturbo piuttosto raro, per il quale non esistono terapie farmacologiche in grado di risolverla. Come viene diagnosticata? Come è possibile risolverla? Ne parlo in questo articolo

Per poter comprendere bene in cosa consiste la acalasia esofagea, è innanzitutto necessario dare qualche indicazione di tipo anatomico.
Lo sfintere esofageo inferiore è situato tra l’esofago e lo stomaco e ha il compito di impedire che il contenuto gastrico risalga lungo l’esofago.

Quando si deglutisce, in condizioni normali, lo sfintere si rilascia permettendo così al cibo ingerito di raggiungere lo stomaco. Al contrario, quando siamo in presenza di acalasia questa struttura anatomica si contrae in maniera anomala. In particolare, si tratta di una contrazione incompleta (e soprattutto non coordinata con il passaggio del cibo), che fa avanzare il bolo alimentare in maniera difficoltosa. Questo fa sì che il cibo ingerito progressivamente si accumuli nella parte inferiore dell’esofago, generandone la dilatazione, e pertanto ad una infiammazione cronica.

SINTOMATOLOGIA

Il sintomo caratteristico correlato all’acalasia esofagea è la disfagia, ossia la difficoltà nel deglutire. Tuttavia, la sintomatologia con cui si presenta può comprendere:

  • Scialorrea (o ipersalivazione, cioè la produzione eccessiva di saliva)
  • Rigurgito acido (o reflusso gastroesofageo) soprattutto di notte in posizione supina, ed associato a tosse causata proprio dalla risalita degli acidi
  • Dolore toracico
  • Perdita ponderale
  • Vomito (nei casi gravi)
  • In caso di una condizione chiamata “megaesofago” (quando l’esofago si dilata molto) si può andare incontro a: esofagite da ristagno (un’infiammazione cronica della mucosa dell’esofago), candidosi, carcinoma epidermoide esofageo

DIAGNOSI: quali sono gli esami consigliati?

Nonostante si tratti di un disturbo piuttosto raro, è molto importante che questo venga diagnosticato, poiché chi ne soffre ha un rischio 5 volte maggiore di sviluppare un tumore all’esofago.

Quali sono gli esami diagnostici più indicati che consentono di riconoscere questa alterazione della motilità esofagea? Vediamoli in dettaglio:

  • Gastroscopia. L’esame endoscopico permette di avere l’evidenza del disturbo, ma anche di escludere che la sintomatologia sia associata ad un carcinoma
  • RX con mezzo di contrasto. Lo studio radiologico di esofago e stomaco risulta utile per valutare il grado di dilatazione dell’esofago
  • Manometria esofagea. Questa consente di verificare la funzionalità esofagea, in quanto è in grado di registrarne l’attività pressoria

ACALASIA ESOFAGEA: come viene trattata?

Non esistono terapie farmacologiche in grado di risolvere la acalasia esofagea. Difatti, in questi casi è necessario intervenire chirurgicamente mediante:

  • Un intervento endoscopico che prevede la dilatazione pneumatica dell’esofago
  • Miotomia endoscopica transorale. Si tratta di una tecnica mininvasiva per via endoscopica che prevede l’incisione delle fibre muscolari dell’esofago
  • Miotomia extramucosa con plastica anti-reflusso. L’intervento, anch’esso mininvasivo, viene effettuato in anestesia generale. Consiste nel sezionare longitudinalmente le fibre muscolari ipertrofiche a livello gastro-esofageo, utilizzando la metodica laparoscopica. L’intervento prevede, inoltre, una plastica cosiddetta anti-reflusso, così da evitare che si verifichi il reflusso postoperatorio
Come comportarsi dopo l’intervento?

Durante il periodo postoperatorio è consigliabile seguire alcuni accorgimenti:

  • Mangiare lentamente, cercando di masticare bene il cibo prima di ingoiarlo
  • Bere molta acqua durante i pasti
  • Non fumare
  • Evitare gli alimenti che possono peggiorare il reflusso gastroesofageo (es. alcolici, caffè, tè, bevande gassate, cioccolato, caramelle alla menta, chewingum, cibi grassi, speziati, che possono rendere difficoltosa la digestione)
  • Non andare a dormire subito dopo aver mangiato (aspettare sempre almeno un paio d’ore)
  • Posizionare dei cuscini in modo da poter dormire con il busto leggermente rialzato e agevolare così lo svuotamento dell’esofago
  • Evitare le posture scorrette, in quanto aggravano il reflusso

Per ulteriori informazioni, contattare il Prof. Paolo Barillari che opera presso la Casa di Cura Privata “Villa Mafalda” di Roma.

Per un consulto medico, compila il form “Contatta il Professore” presente nell’articolo

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